lunedì 23 marzo 2009

associazione naz. Alpini apre sede a Bucarest

Inaugurata, a Bucarest, una sede dell'Ana, l'Associazione nazionale alpini:
a promuovere l'iniziativa e' stata in particolare l'Ana di Palmanova (Udine), una cui delegazione si e' recata nel fine settimana in Romania insieme al presidente nazionale dell'associazione, Corrado Perona.
Gli alpini sono stati anche in visita a Greci, nella provincia di Tulcea, dove si parla ancora veneto e friuliano, per incontrare gli eredi degli italiani che vi emigrarono piu' di cento anni fa

giovedì 5 febbraio 2009

Medaglia d'argento al valor miltare al capitano Fiorito.

È stato comunicato oggi al Comune di Verona il Decreto del Presidente della Repubblica che concede la Medaglia d'Argento al Valor Militare "alla memoria" al Capitano degli Alpini Manuel Fiorito, Ufficiale veronese, caduto a seguito di un attacco terroristico il 5 maggio 2006 a Kabul, in Afghanistan. "Giovane Ufficiale Comandante di pattuglia - recita il testo del Decreto - interveniva sul luogo ove poco prima si era verificato un grave attentato ai danni di un drappello dell'Afghan National Police. Durante l'intervento l'unità veniva a sua volta fatta oggetto di attacco terroristico mediante un ordigno esplosivo comandato a distanza, che procurava il decesso immediato di un militare e il ferimento di altri cinque.

L'Ufficiale, nonostante le gravissime ferite riportate, spronava i suoi uomini a mantenere la calma, rassicurandoli sul prossimo arrivo dei soccorsi. Notato un componente della pattuglia ferito seriamente al capo, in un atto di estrema generosità, si trascinava verso di lui nel tentativo di portargli soccorso.

L'Ufficiale spirava poco dopo l'arrivo dei rinforzi. Fulgida figura di Comandante che ha saputo infondere, fino all'estremo sacrificio, la forza necessaria per reagire nell'animo dei propri uomini, costituendo ammirevole esempio di coraggio e di dedizione ispirato alle migliori tradizioni dell'Esercito e della Patria (Valle di Musay - Afghanistan). La decorazione al Valor Militare si aggiunge alla Croce d'Onore alle vittime di atti di terrorismo o di atti ostili impegnate in operazioni militari e civili all'estero di cui il Capitano Manuel Fiorito venne insignito "alla memoria" nel luglio del 2006. Nello stesso attentato perse la vita il Maresciallo Capo degli Alpini Luca Polsinelli.

sabato 17 gennaio 2009

PRESTO BEATO don Carlo Gnocchi, apostolo dei mutilatini

Il Papa, ricevendo stamani l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato la promulgazione dei relativi decreti. Tra i prossimi Beati ci sarà il Venerabile Servo di Dio Carlo Gnocchi, sacerdote diocesano e fondatore dell'Opera Pro Iuventute;
Nel corso dell’Udienza privata concessa il 22 dicembre 2008 al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato
Sulla figura di don Carlo Gnocchi, l’apostolo dei mutilatini . Carlo Gnocchi nasce a San Colombano al Lambro, in provincia di Milano, il 25 ottobre 1902 dal padre Enrico, marmista, e da mamma Clementina, sarta. A 2 anni perde il padre. A 22 è ordinato sacerdote. Nel 1940, con l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, si arruola volontariamente come cappellano militare del Battaglione degli Alpini ‘Val Tagliamento’, partecipando alla campagna di Grecia. Parte poi per la Russia come cappellano degli Alpini della Divisione Tridentina; la disastrosa ritirata del gennaio 1943, che vide la morte di numerosi soldati, lo porta ad una profonda crisi spirituale. Il male che sperimenta gli provoca dubbi e domande sulla bontà di Dio. Nel buio si affida al Signore della storia imparando a capire il valore salvifico della sofferenza degli innocenti. E’ in quel periodo che matura in lui il desiderio di assistere gli orfani dei suoi alpini, i mutilatini di guerra, vittime dei bombardamenti e degli ordigni bellici scoppiati fra le loro mani e dei disabili di ogni genere.
Decorato con medaglia d’argento al valor militare, negli anni 1944-45 partecipa alla Resistenza subendo anche il carcere. Nel 1947 fonda l’Istituzione ‘Pro infantia mutilata’ che nel 1953 cambia denominazione in ‘Fondazione Pro Juventute’. Don Carlo Gnocchi è stato il “don Bosco” di Milano. Alla sua morte, avvenuta il 28 febbraio 1956, volle che le sue cornee venissero espiantate per donarle a due ragazzi ciechi. Si era agli albori della cultura dei trapianti d’organi. "In un mondo come il nostro, inaridito e agitato – diceva don Carlo Gnocchi - è necessario mettere olio d'amore sugli ingranaggi dei rapporti sociali e formare nuclei di pensiero e di resistenza morale per non essere travolti".

martedì 6 gennaio 2009

KABUL, ALPINI CONSEGNANO AIUTI UMANITARI AD ORFANOTROFIO

DISTRIBUITI VESTITI, MATERASSI E 5 TONNELLATE DI LEGNA DA ARDERE. Kabul, 5 gen. - Dagli Alpini italiani in Afghanistan legna da ardere e vestiti per i piccoli ospiti dell'orfanotrofio Kufa, alla periferia ovest di Kabul. Nei giorni scorsi, sotto un'abbondante nevicata, i militari del contingente italiano hanno consegnato aiuti umanitari di vario genere per i 60 bambini attualmente ospitati nell'orfanotrofio. Le cinque tonnellate di legna da ardere, i vestiti per l'inverno ed i numerosi materassi consegnati permetteranno ai bambini che vivono nell'orfanotrofio di poter vivere in un ambiente caldo, di cambiare i vestiti oramai vecchi e malconci e di sostituire le coperte stese sul pavimento con dei materassi su cui dormire. L'attivita' rientra nelle operazioni di Cooperazione Civile-Militare che il contingente pianifica costantemente e che garantiscono un aiuto concreto alla popolazione afghana. Il colonnello Lucio Gatti, comandante del contingente, ha partecipato all'attivita' sottolineando come i giovani di oggi avranno il compito di costruire l'Afghanistan libero e democratico del futuro. All'operazione hanno partecipato numerosi alpini del 3° Reggimento di Pinerolo che a vario titolo hanno collaborato affinche' il tutto si svolgesse in sicurezza. Al termine, la direttrice del centro ha rivolto al colonnello Gatti ed ai suoi uomini parole di stima e di ringraziamento, donando ai militari presenti una delle forme di pane che gli ospiti del centro preparano in un piccolo forno all'interno dell'orfanotrofio.

domenica 21 dicembre 2008

Natale all'estero per 8.800 militari it.

Sarà un Natale di lavoro e di impegno all'estero per 8.800 militari italiani, all'opera in varie parti del mondo nell'ambito di 33 missioni sotto l'egida dell'Onu, della Nato o della Ue. Dall'Afghanistan alla Bosnia, dal Libano al Kosovo, dal Ciad all'Albania, i nostri soldati si preparano a vivere una festività tutta particolare, nell'ambito di operazioni spesso rischiose in posti lontani e disagiati. Nonostante questo, assicurano all'ADNKRONOS i comandanti dei contingenti e gli ufficiali addetti alla pubblica informazione, si cercherà di ricreare il più possibile un clima di festa, con presepi ed alberi addobbati, in modo che in questi giorni l'Italia sembri un po' più vicina. La gran parte delle forze italiane all'estero è impegnata in Libano (2.460 militari), in Afghanistan (2.270) e in Kosovo (2.150). Non sono però questi gli unici 'teatri operativi' che vedono all'opera i contingenti italiani: I nostri militari sono attualmente in attività anche in Bosnia, in Albania, in Iraq, in Georgia, in Ciad, in Congo, in Marocco, al confine tra India e Pakistan, a Malta, in Egitto, in Israele, a Cipro, in Macedonia. Sono ventuno, nel complesso, i Paesi nel mondo che ospitano le operazioni dei militari italiani, inviati in svariate aree di crisi per il mantenimento della pace e per l'assistenza, la sicurezza e lo sviluppo economico-sociale delle popolazioni. In questi giorni i vari contingenti hanno cercato di garantire presepi, simboli e di preparare pranzi speciali. Forse diverso dal solito, a migliaia di chilometri da casa, ma per tutti gli 8.800 soldati italiani sarà comunque Natale.Afghanistan, al 'Prt' di Herat un brindisi nella base. ''Sarà una festività 'operativa'. Compatibilmente con le esigenze della missione si cercherà comunque di conciliare le necessità di servizio con una piccola festa nella base'', dice il capitano Antonio Bernardo, portavoce del contingente italiano all'opera ad Herat, in Afghanistan, nell'ambito della missione Isaf, basato sugli alpini della brigata Julia. ''La maggioranza del personale sarà all'esterno della base impegnata in attività operative, ma ci sarà senz'altro un brindisi natalizio'', assicura il capitano Bernardo.Il Comando regionale Ovest della missione è affidato attualmente al Generale di Brigata Paolo Serra, che guida i quattro Prt (provincial reconstruction team) della regione ovest dell'Afghanistan (provincia di Herat, Badghis, Farah e Ghor) e la Fsb (Forward Support Base) di Herat. La gestione del Prt di Herat impegna la Task force italiana 'Lince' con a capo il Colonnello Luca Covelli e composta da unità dell'Esercito ed un team di esperti del Ministero degli Esteri. La missione multinazionale Isaf opera sulla base di un 'military technical agreement' siglato il 4 gennaio 2002 dalle autorità provvisorie afghane, comprende militari di 39 Nazioni ed è posta sotto comando Nato dall'11 agosto 2003.Militari italiani sono attualmente presenti a Kabul con il contingente Italfor XIX. Il 'Senior National Representative' è il Generale di Divisione dell'Esercito Marco Bertolini. Il Colonnello Lucio Gatti è il Comandante del Contingente Italian Task Force XIX. La componente principale di Italfor Kabul è basata sul 3° Reggimento Alpini, che costituisce l'ossatura del Comando responsabile per tutta l'area di responsabilità italiana, nell'ambito del Regional Command Capital.Bosnia, giocattoli per gli orfani di Sarajevo. Sarà un Natale di solidarietà per i militari italiani impegnati nella missione Eufor Althea in Bosnia. Il primo appuntamento già domani: i soldati porteranno in dono dei giocattoli ai 140 bambini, di varie etnie, ospitati in due orfanotrofi di Sarajevo. Successivamente, in serata, è in programma lo scambio di auguri tra il Comandante della Missione Eufor, Generale di Divisione Stefano Castagnotto e tutti i militari italiani di stanza presso la base Camp Butmir di Sarajevo.''Mercoledi 24, presso la Cappella del contingente Italiano sarà celebrata la Messa di Natale e successivamente tutti i militari si recheranno presso il refettorio per il tradizionale panettone e cioccolato'', aggiunge il tenente colonnello Gabriele Lucci, 'Press Office Chief' della missione europea in Bosnia. Il generale Castagnotto ha assunto il 4 dicembre scorso il comando di Eufor Althea. La missione, composta da 2.500 uomini appartenenti a 28 Paesi (gli italiani sono 300), opera in Bosnia dal 2004 con il compito di accompagnare il processo di stabilizzazione e di ricostruzione del Paese, devastato dalla guerra che ha insanguinato i Balcani nei primi anni '90. Le truppe della European Union Force sono schierate principalmente nell'ambito del quartier generale di Camp Butmir a Sarajevo. Dallo schieramento di Eufor in Bosnia Erzegovina, il livello di sicurezza generale è costantemente migliorato ed anche le capacità, da parte delle autorità locali di far fronte alle minacce al mantenimento di un ambiente stabile e sicuro, sono aumentate.Kosovo, a 'villaggio Italia' coro gospel e menù speciale. Tra le missioni italiane all'estero c'è anche chi, come i militari di stanza in Kosovo nell'ambito della missione Kfor, ha pensato di celebrare il Natale in maniera originale e coinvolgente. A 'Villaggio Italia', base del contingente situata a Belo Polje, fervono le prove di un coro 'gospel' che animerà la messa solenne nella base. ''I preparativi sono in corso, quella di Padre Giovanni sarà una celebrazione davvero speciale'', spiega il maggiore Pietro Piccirilli, portavoce del contingente italiano. Non mancherà, anche in Kosovo, un menù particolare che renda memorabile il pranzo di Natale in sala mensa.L'attuale Comandante della missione Kfor è un italiano, il Generale di Corpo d'Armata Emilio Gay. Oltre che a Belo Polje, nei dintorni di Pec, il contingente italiano che partecipa all'operazione è schierato a Pristina, Decane e Djakovica. L'Italia ha la leadership della Multinational Task Force West (Mntf-W ) attualmente strutturata sulla base della brigata meccanizzata 'Granatieri di Sardegna', con al comando il Generale di Brigata italiano Giovanni Armentani. Nell'ambito della missione, all'Aeronautica militare è stata affidata la realizzazione e la gestione tecnico-operativa di una struttura aeroportuale all'interno dell'area di responsabilità del contingente italiano nella zona di Dakovica. Il personale dell'Arma dei Carabinieri costituisce dal 1999 la componente principale della Msu (Multinational Specialized Unit), con sede a Pristina e posta alle dirette dipendenze del Comandante di Kfor. A 'Villaggio Italia' è in attività anche l'emittente del contingente italiano Radio West, che raggiunge tutto il Kosovo, il sud di Serbia ed il Montenegro, anche con trasmissioni nelle lingue albanese, serba, spagnola e inglese. La radio, oltre a programmi musicali di intrattenimento e notiziari italiani, fornisce anche informazioni meteo e sulla viabilitá, sul pericolo delle mine e degli ordigni inesplosi.Libano, da municipalità Shamaa un albero per i nostri militari. Anche nelle basi italiane della missione Onu Unifil, in Libano, sono già stati allestiti alberi di Natale, presepi e festoni che fanno la loro comparsa nelle camere, negli uffici e nei punti di ritrovo dei caschi blu della missione 'Leonte'. ''Nelle cucine delle basi, dislocate a Tibnin, Maraka e Shamaa, gli addetti al vettovagliamento iniziano già a proporre i menù delle grandi occasioni dove, ovviamente, non potrà mancare il panettone. Per il cappellano militare del contingente, don Franco -rileva il tenente Biagio Liotti, capo della cellula pubblica informazione del contingente italiano- l’auspicio è di avere una chiesa gremita in occasione delle celebrazioni religiose''. Nei giorni scorsi sono state accese le luci dell’albero di Natale a Shamaa. Una tradizione della municipalità locale che, con i suoi cittadini, esprime così un rapporto di amicizia e di apprezzamento per il ruolo del contingente italiano nel sud del Libano. Dal 28 novembre scorso la Brigata di Cavalleria dell'Esercito 'Pozzuolo del Friuli' ha assunto il comando del settore ovest di Unifil e del contingente italiano in Libano. Alla guida del generale di brigata Flaviano Godio, i cavalieri della brigata Pozzuolo, che in Italia ha sede a Gorizia, rimarranno nel sud del Libano per un periodo di circa sei mesi. Tra i compiti assolti dai militari italiani in ottemperanza alla risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, oltre al monitoraggio del cessate il fuoco fra le milizie Hezbollah e Israele, anche quello di assistere l’Esercito libanese nelle iniziative per stabilire, tra la “Blue Line” e il fiume Litani, un’area libera da personale armato che non appartenga al governo libanese e ad Unifil. Fra i compiti dei militari italiani anche la bonifica degli ordigni esplosivi e lo sviluppo di progetti di cooperazione civile e militare.Ciad, raccolta fondi per beneficenza e tornei sportivi. Militari italiani sono impegnati anche in Africa: ''Nei limiti del possibile cercheremo di ricreare un clima di festa. Oltre alle celebrazioni, quindi, menù speciale per il pranzo di Natale, con un buffet nel piazzale della base di Camp Croci. E non mancherà il tradizionale albero di Natale'', sottolinea il colonnello Giorgio Bertini, comandante del contingente italiano che opera nell’ambito della missione europea di transizione Eufor in Ciad.Asini carichi di legname, case di fango con tetti di paglia e camion carichi all’inverosimile sono lo scenario che fa da sfondo alla missione dei militari italiani di stanza ad Abechè, in Ciad. E’ qui che dallo scorso marzo è presente un contingente militare, denominato Task Force Ippocrate, costituito da un centinaio di militari provenienti da tutte le quattro forze armate, schierato all’interno della base francese Camp Croci. Il contingente comprende un Ospedale da Campo Militare, con personale sanitario altamente specializzato ed in grado di effettuare qualunque intervento d’urgenza, proveniente prevalentemente dal Policlinico Militare Celio. I militari in Ciad ha nno dato il via ad una raccolta di fondi. La somma raccolta sarà donata alla locale chiesa cattolica, retta dall’ordine dei Gesuiti e ad un orfanotrofio. In programma, nella giornata della Vigilia di Natale, anche tornei di calcio, pallavolo, basket. Il supporto logistico alla missione è garantito dagli uomini del reparto sanità del 10° reggimento di manovra di Persano (Salerno), mentre le comunicazioni, da e per l’Italia, sono gestite da una compagnia trasmissioni del 232° reggimento di Avellino; fa parte della Task Force “Ippocrate” anche un nucleo Carabinieri provenienti dal 13° reggimento “Friuli Venezia Giulia”.

lunedì 8 dicembre 2008

Onorificenza all'alpino paracadutista

Al comando Nato Shape (Supreme headquarters allied powers Europe) di Mons in Belgio consegna dell'onorificenza destinata ai sottufficiali e ai militari di truppa distintisi in servizio nel 2008. Premiato anche un alpino paracadutista. Quest'anno, il prestigioso riconoscimento, è stato assegnato per l'Italia al sergente Davide Lunetta del 4° Reggimento Alpini Paracadutisti di Bolzano. Il sergente Lunetta, nato a Monselice (Padova), si è guadagnato l'onorificenza - si legge nella motivazione - «distinguendosi per valore, leadership e spregiudicatezza nel comando della sua unità durante la missione Isaf in Afghanistan (novembre 2007-aprile 2008) che lo ha visto protagonista in diverse missioni operative condotte dai rangers nel comprensorio di Surobi, distretto a circa 60 km a est di Kabul».

giovedì 27 novembre 2008

PILOTI MILITARI IN LOTTA AD INCENDI BOSCHIVI

Si estende l'impegno delle forze armate in compiti civili. Dalla prossima estate, infatti, grazie ad un accordo sottoscritto questa sera dal sottosgretario alla Difesa, Guido Crosetto e dal capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, presente il Capo di stato maggiore della Difesa, gen. Vincenzo Camporini, dalla prossima estate opereranno 25 piloti militari delle tre forze armate sui mezzi del dipartimento della protezione civile per la lotta agli incendi boschivi. Dopo un adeguato addestramento i primi piloti, e' stato spiegato oggi, potranno vedere un impiego operativo nelle campagne estive gia' dal 2009. Un impegno che, comunque, proseguira' fino al 2011. I 25 piloti militari, abitualmente impiegati in operazioni di volo tattico a bassa quota saranno, cosi', in grado di affiancarsi rapidamente al personale di volo civile gia' in servizio presso il dipartimento. Un'attivita', ha spiegato il sottosegretario Crosetto, che si sviluppera' per circa tre mesi l'anno ''compatibilmente con l'assolvimento delle primarie attivita' istituzionali delle forze armate''.A definire l'accordo ''significativo e importante'' e' stato il sottosegretario Bertolaso il quale ha spiegato che l'impiego in linea di volo dei piloti militari avverra' ''progressivamente ma gia' dalla prossima estate''.

mercoledì 26 novembre 2008

"Processate quell'ufficiale"

LA PROCURA militare di Roma ha chiuso l'indagine preliminare per la strage di Cefalonia.
E si prepara a chiedere il rinvio a giudizio dell'unico indagato, Otmar Mühlhauser, il sottotenente tedesco che, il 23 settembre del '43, alla Casetta Rossa, fece fucilare il comandante della divisione Acqui, generale Antonio Gandin, e altre decine di ufficiali.
Nei giorni scorsi, all'anziano ex sottotenente del Reggimento 98 dei "cacciatori alpini" (i gebiergsjäger), due carabinieri inviati dal procuratore militare Antonino Intelisano e dal sostituto Gioacchino Tornatore hanno notificato, per rogatoria, la chiusura indagini. Mühlhauser, 88 anni (ne aveva 23 nel settembre del 1943), mastro pellicciaio, vive a Dillingen sul Danubio, nel cuore della Svevia, a 100 chilometri da Monaco. Ora ha 20 giorni di tempo per depositare a Roma la sua memoria difensiva, dopodiché la procura chiederà il suo rinvio a giudizio. In quel momento, chiederanno di costituirsi parti civili Marcella De Negri, figlia del capitano Francesco, e Paola Fioretti, figlia di Giovanni Battista, capo di stato maggiore, entrambi fucilati alla Casetta Rossa. L'ex ufficiale Mühlhauser, per la verità, non è la prima volta che finisce sotto processo. Fu indagato nel 1967 in Germania, ma il processo fu insabbiato un anno dopo. Una seconda indagine a suo carico avviata il 12 settembre del 2001, è stata conclusa con una sentenza choc della procura di Monaco: "Archiviazione perché - secondo il giudice tedesco - i soldati italiani a Cefalonia erano traditori, e quindi andavano trattati come i disertori tedeschi: fucilati". Anche nel nostro Paese l'eccidio di Cefalonia ha avuto nel Dopoguerra una travagliata vicenda giudiziaria. Scrive lo storico Giorgio Rochat: "Negli anni Cinquanta in Italia furono processati 30 ufficiali tedeschi accusati della strage, tutti assolti nel '60 anche per gli ostacoli frapposti dai ministri Martino e Taviani, più preoccupati di non creare difficoltà al governo tedesco che di rendere giustizia ai caduti italiani". Quell'"insabbiamento" in nome di una ragion di Stato non s'interruppe nel 1980, quando Sandro Pertini, denunciando la "congiura del silenzio", dichiarò che "l'olocausto di Cefalonia fu dimenticato per omertà tedesca e ignoranza italiana". E neppure nel 1994, quando fu trovato in un armadio nascosto nei sotterranei degli uffici giudiziari militari (il cosiddetto "armadio della vergogna"), fra tanti fascicoli "dimenticati" sulle stragi nazifasciste, anche quello con il numero 1188 relativo all'eccidio di Cefalonia. Anche allora fu "dimenticato". S'è dovuto attendere quasi un decennio, perché la procura militare romana, all'indomani delle archiviazioni choc avvenute in Germania, aprisse finalmente, il 30 ottobre del 2007, un fascicolo sulla strage. E questo nonostante il mastro pellicciaio Mühlhauser non abbia mai negato il suo ruolo nella fucilazione degli ufficiali italiani alla Casetta Rossa. Anzi, fin dal 1967 è, si può dire, reo confesso, avendo allora, e poi ancora nel 2004, spiegato e ribadito ai giudici tedeschi nei minimi dettagli come comandò il plotone d'esecuzione che sterminò gli ufficiali della Acqui. È ora quella sua confessione resa il 24 marzo del 2004 negli uffici di polizia criminale del Land Baviera - e acquisti dalla procura militare romana - a inchiodarlo alle sue responsabilità dinanzi la giustizia italiana. "Ricevetti l'ordine di fucilare gli italiani dal maggiore Klebe. Per primo fu condotto Gandin, il maggiore Klebe gli lesse la sentenza della corte marziale nella quale il generale veniva condannato a morte mediante fucilazione. Dopo la lettura, il maggiore chiese al condannato se voleva essere giustiziato con gli occhi bendati, ma Gandin rifiutò la benda". "A quel punto - dichiara ancora Mühlhauser - Klebe si rivolse direttamente a me dicendomi "attenda al suo ufficio". Poco prima di impartire l'ordine "fate fuoco", il generale urlò "Viva l'Italia, viva il re". Subito dopo crollò a terra". È sufficiente questa ammissione per rinviare a giudizio l'ottantottenne mastro pellicciaio, processarlo e condannarlo? Non si avvarrà anche lui, come tutti gli ufficiali tedeschi nella sua situazione e con il suo grado, dell'esimenti di aver obbedito durante la guerra ad un ordine superiore? L'ordine di "non fare prigionieri", del resto, arrivò direttamente da Hitler, infuriato con gli italiani a Cefalonia perché, dopo l'Armistizio, non solo rifiutarono, il 9 settembre, l'ordine di resa e di consegnare le armi ai tedeschi. Ma, dopo un referendum fra i soldati, le impugnarono, il 14, contro gli ex alleati nazisti. L'epilogo fu una carneficina: degli 11 mila soldati e 525 ufficiali presenti a Cefalonia, 3800 furono trucidati in settembre, e 1360 affogarono durante il successivo sgombero per mare.
Per l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, "fu in quel momento che nacque la Resistenza italiana

lunedì 17 novembre 2008

(AQ) Il 9 Alpini rientra dall'Afghanistan

Quattrocento i militari del IX Reggimento alpini, di cui circa 150 abruzzesi, che sono rientrati dall’Afghanistan al termine della missione Nato Isaf, che li ha visti impegnati dal maggio scorso in azioni di supporto a programmi di formazione ed addestramento dell’esercito locale, di assistenza per la riorganizzazione delle strutture di sicurezza, ma soprattutto per sostenere azioni di ricostruzione e operazioni umanitarie.Giovedì pomeriggio in piazza Duomo a L’Aquila la cerimonia di rientro del IX Reggimento alla presenza, ancora da confermare, del ministro La Russa.Abbiamo ascoltato il colonnello Andrea Mulciri, comandante del contingente italiano che in questi giorni ha ceduto il coordinamento delle truppe al III Reggimento Alpini. (MS)

lunedì 10 novembre 2008

Sarà un'adunata in economia quella del 2010 a Bergamo.

Con i tempi che corrono anche gli alpini si adeguano. E così cercheranno di contenere al massimo le spese per l'organizzazione dell'evento e per il trasporto delle persone che arriveranno nella città orobica. Di solito, un'adunata nazionale di queste proporzioni costa intorno ai 2,5 milioni di euro, mica bruscolini. Ma visti i chiari di luna dell'economia per il 2010 si tirerà un po' la cinghia. Le penne nere, d'altronde, alla faitca ci sono abituate, per cui hanno accolto con l'entusiasmo di sempre la decisione del presidente dell'Ana di Bergamo, Antonio Sarti di fare la manifestazione più bella possibile, spendendo il meno possibile. Durante l'incontro della settimana scorsa con i capigruppo, il presidente ha gettato le basi per l'organizzazione dell'evento in terra orobica. La parola d'ordine però è "low cost". Ad ognuno dei 33 capigruppo è stato assegnato un compito specifico. Dai trasporti alla ristorazione, dal percorso agli alloggi, dai campi alle bandiere passando per le fanfare. Stando a quanto è emerso, il percorso dell'adunata del 2010 sarà più o meno lo stesso del 1986, solo che si svolgerà alla rovescia. Ovvero: Ammassamento nella zona di Borgo Palazzo-piazza S. Anna; tragitto lungo Angelo Mai, Papa Giovanni, via Roma, Petrarca-Verdi, via San Giovanni, via Battisti; scioglimento nelle zone di S.Tomaso, Santa Caterina e stadio. Fra le altre novità annunciate nell'incontro la disponibilità delle penne nere a contribuire alla sistemazione del piazzale degli Alpini e l'annuncio della candidatura ufficiale di Giorgio Sonzogni per la presidenza dell'Ana Bergamo.

giovedì 23 ottobre 2008

(BG) 2010 Alpini !!! tutti a Bergamo

Bergamaschi, sull'attenti: dopo 24 anni, gli alpini torneranno ad invadere festosamente le vostre strade. Finalmente, dopo una lunga attesa e tante voci di corridoio, la notizia è ufficiale: l'Adunata nazionale delle penne nere del 2010 si terrà nella capitale orobica. Lo ha deciso nei giorni scorsi il consiglio direttivo nazionale dell'Ana, l'Associazione Nazionale Alpini. Bergamo batte Pordenone 16 a 5. Durante la riunione dei vertici Ana, tenutasi sabato 18 ottobre a Milano, la città lombarda ha ottenuto la grande maggioranza dei voti e si è vista assegnare in via ufficiale il compito di organizzare l'83esima adunata nazionale.
La notizia è stata accolta a Bergamo con grande entusiasmo. Erano infatti quattro anni che la cittadina si candidava ad ospitare l'evento, che ogni anno attira quattrocentomila penne nere tra ex-soldati, alpini in servizio e semplici simpatizzanti.
E ora che ce l'ha fatta, promette di organizzare un'adunata indimenticabile. La data esatta, per ora, non è ancora stata fissata. Ma la sezione locale dell'Ana - una delle più grandi d'italia con quasi 34mila iscritti, peraltro in continua crescita - si è già messa al lavoro. Il prossimo 9 novembre i capigruppo della sezione si riuniranno per distribuire i compiti, mentre 31 comuni bergamaschi si sono già fatti avanti per offire supporto logistico all'organizzazione.
Nel frattempo, a Latina, è quasi tutto pronto per accogliere gli alpini che convergeranno in centro Italia per l'adunata 2009, in programma per i prossimi 9 e 10 maggio. ---Sara S

giovedì 16 ottobre 2008

(BO) La Protezione civile dona un'ambulanza agli Alpini di Kabul

Servirà a un ospedale di Kabul La Protezione Civile della Bassa Romagna ha donato un’ambulanza agli Alpini che operano a Kabul per portare a compimento un progetto di solidarietà a favore degli abitanti dei luoghi più disagiati della capitale afgana. I militari del contingente italiano operano da anni a fianco del governo di Kabul per rendere possibile la ripresa della normale vita sociale dopo tanti anni di guerra e disgregazione sociale. Per questo, i nostri soldati fanno spesso da tramite per molte iniziative benefiche. L’Afghanistan è un paese tra i più poveri del mondo, con un’alta mortalità infantile, dove le condizioni sanitarie della popolazione sono precarie e ai limiti della sopravvivenza. Un uomo vive in media 45 anni, spesso tra malattie e stenti.L’ambulanza, dotata delle più moderne apparecchiature sanitarie, è destinata a una struttura ospedaliera di Kabul. L’autoveicolo servirà ad alleviare i disagi dei malati nella periferia ovest della città, dove vivono circa 60.000 afgani. L’iniziativa è nata dall’idea di Italo Bucchieri, un maresciallo dell’esercito che è stato in missione in Afghanistan da gennaio a giugno di quest’anno con il 2° reggimento alpini. Bucchieri, da sempre impegnato nel sociale (è presidente dell’associazione Famiglie affidatarie della provincia di Bolzano), è riuscito a far confluire nel progetto le energie della solidarietà della Bassa Romagna.La donazione è inserita in un più vasto programma di solidarietà coordinato dagli Alpini del contingente militare italiano, incentrato sia sulla distribuzione d’aiuti sia sulla ricostruzione d’infrastrutture di pubblico interesse, con il particolare coinvolgimento delle autorità e delle comunità locali delle aree meno sviluppate.

mercoledì 15 ottobre 2008

(AL) il coro ANA per TeleThon

Solidarietà del Coro Montenero per Telethon Il libro “33” edito dal Coro ANA Montenero - Sezione di Alessandria, realizzato in occasione dei trentatrè anni di ininterrotta attività canora (1974-2007), rappresenta anche lo strumento che gli stessi componenti del coro hanno voluto dedicare alla solidarietà
Infatti, il libro - a disposizione di chi ne fosse interessato - é disponibile sia presso il Circolo della Sezione Alpini di Alessandria in via Lanza 2, sia presso la Sede Telethon di viale Medaglie d’Oro 40 in Alessandria contro un’offerta minima di Euro 10,00 che sarà interamente devoluta a Telethon quale contributo alla ricerca scientifica sulle malattie genetiche.
Con questo libro gli autori hanno voluto documentare i “33” anni di vita del Coro Montenero, attraverso le immagini e le testimonianze che hanno caratterizzato il lungo percorso, arricchendole con alcuni interventi di grande prestigio, che descrivono lo spirito, la tradizione e la storia della corale alessandrina.
Il libro si apre con la dedica a Domenico Arnoldi, fondatore del Coro Montenero e si chiude con le armonizzazioni di alcuni canti scritte appositamente dal Maestro Marco Santi, tra i quali l’Inno Nazionale che ha suscitato l’ammirazione ed il plauso dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Numerosissime le copie che sono state distribuite in varie parti del mondo in occasione della giornata – svoltasi recentemente - in cui si sono ritrovate in Alessandria le delegazioni di piemontesi provenienti da tantissimi Paesi (Argentina, Brasile, Cile, Giappone, Sudafrica, ecc.).
Informazioni ai numeri 340 4707525 – 340 1854048Orario
Sedi:Sezione Alpini AL - dalle h. 15,00 alle h. 19,00 tutti i giorni, domenica e festivi esclus
iSede Telethon - lunedì, mercoledì, venerdi h. 15,30 – 18,30 esclusi festivi

domenica 12 ottobre 2008

(TO) VERGOGNOSA provocazione

La provocazione degli anarchici a Porta Palazzo
Da Kabul a Porta Palazzo. Stessa divisa, missione differente. Rischiare la vita a migliaia di chilometri da casa e ritornare con un’accoglienza tutta particolare: scritte «Alpini assassini», addirittura un «Torneo di calcio all’alpino» organizzato dagli anarchici insurrezionalisti nel piazzale davanti al Palafuksas, occupato di notte dai tassisti abusivi nigeriani, i «kabu-kabu». Una ventina di giocatori, compresa la squadra dei Sampietrini (motto: «Criminali di tutto il mondo, unitevi»), un centinaio di persone ad assistere
Che effetto fa? «Un po’ dispiace, poi mi giro dall’altra parte e continuo a fare il mio lavoro» dice Gianfranco, 26 anni, primo caporalmaggiore. Niente cognomi, «sono queste le consegne» spiega. Ancora: «La gente ci apprezza. E’ vero, c’è stata qualche contestazione, di solito il fine settimana. Ma sono poche persone, sempre le stesse» sostiene Gianfranco. Vicino a lui è seduto Daniele, un anno più giovane, stesso grado. Entrambi sono stati a Kabul, hanno rischiato la vita per aiutare gli afghani a ricostruire il Paese. «Laggiù, la gente ci vuole bene, ci rispetta. Certo, le persone che si avvicinano chiedono aiuto, qualcosa da mangiare. Qui è diverso, fai qualcosa di utile per il tuo Paese» concordano Gianfranco e Daniele. Per loro, Porta Palazzo è la seconda missione di ordine pubblico in città. La prima volta è legata all’emergenza «Tossic Park». Esperienza fatta anche da Valentina, 24 anni, caporale. «Mi è piaciuto tantissimo» dice sgranando gli occhioni azzurri. Aggiunge: «Anche se questa non è la mia città, sento di aver fatto qualcosa di utile. A “Tossic Park” sono stata a contatto con gente che si droga, con spacciatori, un mondo a me sconosciuto. Alcuni sono stati rassicurati dal fatto che sono una ragazza, è stato un grande arricchimento professionale». Valentina è calabrese. «Sono di Lamezia Terme. Da residente posso dire che anche la mia città avrebbe bisogno di un servizio di questo tipo. E comunque, sono orgogliosa di aver lavorato a “Tossic Park” e a Porta Palazzo».
In Afghanistan, il ruolo più difficile era quello di addetto alla «torretta», sui blindati. «E’ pesante, bisogna scrutare l’orizzonte per individuare le possibili minacce. Soprattutto, gli ordigni» spiega il tenente Stefano Zonzin, 27 anni, comandante degli 80 militari utilizzati nell’operazione «Strade sicure». E’ anche l’unico autorizzato a fornire nome e cognome. Anche lui è stato a Kabul, come Daniele e Gianfranco. E loro annuiscono quando parla il tenente. A Porta Palazzo, però, qualcuno ha accusato gli alpini di «occupare» parte della città. «Contestazioni di poche persone, una decina al massimo. Sempre le stesse. E quando si avvicinavano, erano gli stessi commercianti ad allontanarli. La gente ci è sempre stata vicino. C’è fiducia e questo è gratificante», spiegano Gianfranco e Daniele. ---(Claudio L.)

venerdì 10 ottobre 2008

«ADUNATA 2010? SIAMO PRONTI»

Gli alpini sono sempre il corpo più amato. Come spiega questo affetto? «Basta guardare alla provincia di Bergamo, che conta ben 261 gruppi. Ciò significa uno per ogni paese, ovvero una notevole forza lavoro sempre orientata alle necessità della collettività. Questa è la risposta: la gente riconosce agli alpini, in tutta la loro lunga storia, una grande disponibilità ad aiutare gli altri a prescindere dal servizio militare».E l'Ana, del resto, è strenuamente impegnata nei compiti di Protezione Civile. Il suo curriculum ne è la più chiara conferma.«Effettivamente sono stato per 20 anni responsabile della Protezione Civile degli alpini e in questo lasso di tempo abbiamo fatto numerosi interventi in occasione delle tante catastrofi che purtroppo hanno colpito il territorio nazionale. Ma abbiamo operato anche all'estero: Armenia, Francia, guerra in Kosovo. Tutte le volte che c'era bisogno di andare ad aiutare delle popolazioni in difficoltà non ci siamo mai tirati indietro, anche in virtù di una grande professionalità: è un campo in cui non si può inventare nulla, bisogna essere adeguatamente attrezzati e avere un metodo di lavoro rigorosamente pragmatico. Per agire tempestivamente in scenari di tragedia». Alla Protezione Civile l'Ana bergamasca affianca tra l'altro una più vasta attività di cooperazione internazionale.«Sì, anche perché ci sono parecchi alpini che vanno spontaneamente a dare una mano all'estero. Nemmeno noi sappiano esattamente quanti siano. Ad esempio sono anni che gli alpini di Villongo vanno nelle favelas del Brasile a costruire case e centri di accoglienza. Stessa cosa per quelli della Val Brembana in Messico. E come non citare Franco Pini, che andando a prestare la propria opera per decenni in Kenya ha costruito, con la gente del posto, una piccola città. Simile è la storia di Rino Berlendis, alpino di Zogno che ha collezionato una settantina di lunghi soggiorni in Rwanda durante i quali si è dato da fare insieme alle popolazioni autoctone per migliorarne le condizioni di vita». Poderoso anche l'impegno diretto sul territorio bergamasco.«Calcoli che solo l'anno scorso gli alpini hanno dato in opere di solidarietà qui in provincia 260 mila ore, oltre a un milione e 200 mila euro direttamente in aiuti economici. Un grande impegno in termini numerici concreti per la comunità di appartenenza».Passiamo a un appuntamento che scalda i cuori di Penne Nere e non: l'adunata nazionale. Sono due le candidate per il 2010: Bergamo e Pordenone. «Il 18 ottobre c'è un Consiglio direttivo nazionale a Milano. Io sarò chiamato ad esporre le motivazioni della sezione di Bergamo e lo stesso farà il presidente della sezione di Pordenone. Poi il Consiglio deciderà. Ovviamente auspichiamo che la scelta cada su Bergamo».Bergamo ha ospitato l'adunata nel 1962 e nel 1986. Per rispettare la cadenza 24ennale il 2010 sarebbe perfetto.«Effettivamente si verrebbe a creare una curiosa regolarità. Noi, dal punto di vista logistico-organizzativo, siamo pronti ad affrontare la manifestazione: abbiamo l'appoggio di una trentina di Amministrazioni disposte ad ospitare gli alpini, del Comune di Bergamo, della Provincia, del prefetto, del questore, dell'Unione Industriali, della Camera di Commercio e della Regione Lombardia. Insomma, se scatterà l'adunata nazionale a Bergamo sapremo perfettamente come muoverci». Una coesione difficilmente eguagliabile, dunque. Bergamo parte avvantaggiata?«Calcoli che dietro la scelta della sede dell'adunata ci sono anche ragioni associative ben precise. La decisione di andare a Cuneo invece che a Bergamo, ad esempio, è stata dettata dalla volontà di restituire compattezza all'importante sezione piemontese, che stava vivendo un periodo difficile». Un commento sul servizio militare. L'abolizione della leva vi ha visto fortemente contrari.«Sì, perché vediamo nella leva un momento positivo nella vita di un giovane. Certo, ci sono anche momenti antipatici durante il servizio militare; però vivere in comunità con altre persone senza l'ausilio della famiglia, nonché soffrire e faticare insieme, dona uno spirito tutto particolare. E insegna ai giovani che esistono doveri, ordine, Patria e sacrificio. Insomma, è l'aspetto morale che preoccupava e tuttora preoccupa». Lo scenario delle forze armate è però radicalmente cambiato negli ultimi anni.«Verissimo. Oggi occorrono certamente militari professionisti che sappiano dare corso a quanto appreso nell'uso di tecnologie avanzate. Però crediamo che un ruolo anche per dei ragazzi di leva lo si possa trovare. Tanto per fare un esempio, si potrebbe pensare a una brigata alpina prettamente destinata a compiti di Protezione Civile, da utilizzare nelle emergenze ma anche nella prevenzione all'interno di aree idrogeologicamente a rischio».La sezione bergamasca dell'Ana resta comunque la più numerosa d'Italia.«Abbiamo tanti soci giovani e anche quest'anno chiudiamo senza diminuzioni nel numero totale di iscritti. Certo, se non cambia nulla prima o poi la decrescita sarà inevitabile».

mercoledì 8 ottobre 2008

Prototipo di tuta Proetex Situazioni di pericolo quali incendi, inondazioni, interventi in aree terremotate e presenza di nubi tossiche, pongono particolari problemi di tutela della sicurezza degli operatori di protezione civile e dei vigili del fuoco che le affrontano. In soccorso dei soccorritori giunge il progetto Proetex, finanziato per 12 milioni di euro dall’Unione europea. L’obiettivo è quello realizzare indumenti sensorizzati, in grado cioè di monitorare le condizioni fisiche e ambientali del personale che opera in tali situazioni critiche, assicurandone l’incolumità. Il coinvolgimento di 23 partner internazionali, tra i quali, per l’Italia, l’Eucentre di Pavia, centro di ricerca della Protezione civile, renderà disponibili entro il 2010 comuni capi di abbigliamento che, grazie alle nanotecnologie, sono nello stesso tempo tute salvavita che tengono sotto controllo il battito cardiaco e il ritmo respiratorio dei soggetti che fronteggiano situazioni di emergenza, oltre alla loro postura e alla composizione chimica del sudore e del sangue, per valutarne il livello di stress e disidratazione. Le tute intelligenti verificheranno inoltre la temperatura ambientale, individuando la possibile presenza di gas tossici e vapori nell’aria, dati periodicamente comunicati a un centro ricevente che soccorrerà gli operatori in casi di accertato pericolo. Il progetto prevede la realizzazione di tre prototipi, il primo dei quali è già stato completato, mentre in Francia è ora in fase di sperimentazione il secondo. “Dei 23 partner coinvolti nel progetto, alcuni sono istituzionali, come il corpo dei vigili del fuoco di Parigi, altri industriali”, spiega a Panorama.it il professor Gian Michele Calvi, presidente dell’Eucentre, aggiungendo che “all’Italia compete la parte di sviluppo concettuale e scientifico del progetto stesso, preliminare alla possibile commercializzazione dei prodotti nel 2010, e basato su tre prototipi che non differiscono radicalmente l’uno dall’altro, ma rappresentano un continuo sviluppo e perfezionamento di un progetto unitario”. La tuta salvavita messa a punto nelle diverse fasi di questo progetto sarà composta da tre capi di abbigliamento: una maglietta intima in cotone, lavabile e riutilizzabile, che integra elettrodi e sensori tessili per il monitoraggio della frequenza cardiaca, di quella respiratoria e della temperatura corporea; sopra di essa viene indossata una giacca ignifuga, fisicamente unita alla maglia con un cavo necessario per la trasmissione dei dati rilevati dai sensori, ai quali contemporaneamente fornisce l’alimentazione elettrica, ricavata da apposite batterie ricaricabili contenute nella giacca stessa. Nella fodera di quest’ultima, dotata di un sensore di temperatura ambientale, un modulo Gps localizza il soccorritore, mentre due accelerometri, posti all’altezza del bavero e del polso sinistro, ne identificano il livello di attività. In una tasca ricavata al di sotto dello strato più interno, trova spazio anche la centralina elettronica che interroga la rete dei sensori, tanto della maglia quanto della giacca, trasmettendone le letture a un software installato su un computer remoto, dove vengono acquisiti dal coordinatore dell’intervento, e possono essere esaminati online per la produzione di allarmi (se i sensori rilevano pericoli per l’operatore), oltre che salvati in file di testo per analisi successive. La trasmissione dei dati registrati dai sensori è garantita da un modulo Bluetooth abbinato a un’antenna in tessuto ricucita nello fodera della giacca. Completano la tuta un paio di stivali ignifughi, con vani e tasche realizzate in modo da permettere, con lo sviluppo del progetto, l’ulteriore inserimento di sensori e dispositivi per l’elaborazione e la trasmissione dei dati. “In questo modo”, prosegue Calvi, “il laboratorio mobile che segue l’intervento in aree a rischio, di fatto un camion, disporrà di tutti i dati per stabilire quanto un operatore che, per esempio, sia alle prese con un incendio, possa rimanere in una determinata situazione prima che diventi troppo pericolosa, o per sapere se egli sia in difficoltà, segnalate da improvvisi mutamenti della postura”. Il tutto a costi non troppo elevati: “In simili progetti costa più il software dell’hardware, ovvero è più dispendioso garantire la robustezza e la stabilità del sistema, che non può dare spazio all’errore, mentre il costo bassissimo dei sensori non farà lievitare più di tanto quello dei capi di abbigliamento nei quali sono integrati”,

lunedì 29 settembre 2008

FI 5.000 Alpini

Più di cinquemila alpini col presidente nazionale, Corrado Perona, e quello di Firenze, Giancarlo Romoli, hanno reso omaggio a Firenze capitale dei profughi, dopo la disfatta di Caporetto. Fu la più grande migrazione interna. Un esodo di 600.000 civili, in gran parte donne, bambini e anziani che affrontarono tre nemici: la paura, la miseria, la fame. Gran parte di questi esuli, 39.741, arrivarono a Firenze con 223 amministrazioni locali, ma anche prefetture, ospedali, banche, biblioteche. Rimasero a Firenze un anno. Poi tornarono verso le loro case. Per due giorni decine e decine di gonfaloni di quei comuni, oltre a quelli delle province di Treviso e Udine, hanno detto grazie alla città che li ospitò novant’anni fa. Ma c’erano anche i gonfaloni di Siena e Livorno, i quali ospitarono un comune ciascuno. Nel Salone dei Cinquecento, in Palazzo Vecchio, Giancarlo Romoli, ha ricordato come è nata l’iniziativa del 4° raggruppamento alpini, mentre il professor Salimbeni dell’università di Udine ha ricostruito i legami fra il Friuli e la Toscana. Il sindaco Leonardo Domenici, che ha familiari che hanno fatto l’ alpino, ha ricordato quella pagina di storia. Ieri gli alpini, a conclusione della manifestazione, hanno sfilato per due ore fra San Marco e piazza della Signoria.

venerdì 22 agosto 2008

(Kabul) Tre alpini feriti in un`esplosione

Tre militari italiani sono rimasti feriti questa mattina, venerdì, a circa 20 km a nord di Kabul in conseguenza di un`esplosione che ha colpito la parte posteriore del mezzo protetto VM 90 sul quale stavano viaggiando.
Le loro condizioni non sono gravi.Sono tre alpini dell nono reggimento dell`Aquila e del secondo reggimento Genio Guastatori di Trento.
L`attentato è stato compiuto mentre la pattuglia italiana si stava recando a svolgere un`attività programmata di bonifica di ordigni esplosivi. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, dopo essersi messo in contatto con il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, che lo ha rassicurato sulle condizioni non gravi dei tre militari, ha manifestato la propria vicinanza e solidarietà ai tre alpini. A sua volta, anche il presidente del Senato, Renato Schifani, inviando un messaggio a La Russa, ha espresso solidarietà e vicinanza ai tre connazionali augurandogli una pronta e completa guarigione.

lunedì 11 agosto 2008

ALPINI DEL 9° REGGIMENTO ADDESTRANO LA POLIZIA AFGHANA

Si è concluso a Kabul l'addestramento "basico di Staff" tenuto dal personale del 9° reggimento alpini a favore degli Ufficiali della Polizia afgana, allo scopo di migliorarne l'integrazione con i militari della NATO. Durante il corso, i 20 allievi hanno seguito lezioni di inglese, informatica, oltre che di gestione delle crisi e di procedure di intelligence necessarie per la raccolta e l'analisi delle informazioni acquisite. ---(Contingente Italiano in Afghanistan)

giovedì 7 agosto 2008

Crimini di guerra italiani, il giudice indaga

Le stragi di civili durante l'occupazione dei Balcani. I retroscena dei processi insabbiati
Altro che brava gente! Italiani come i tedeschi, che dal 1941 al 1943, nei Balcani e in Grecia, applicarono la regola della «testa per dente», della rappresaglia contro le popolazioni, di dieci civili fucilati per ogni italiano ucciso. In altre parole si macchiarono di gravissimi crimini di guerra, che si estinguono soltanto con la morte del reo. Ora su queste verità scomode, che emergono con sempre più forza dalle inchieste giornalistiche e soprattutto dalla ricerca storica, ha deciso di intervenire la magistratura militare. Il procuratore Antonino Intelisano, lo stesso che nel 1994 istruì il processo contro il capitano delle SS Erich Priebke, e che alla ricerca di prove trovò a Palazzo Cesi, presso la procura militare generale, il famoso «armadio della vergogna», che nascondeva circa settecento pratiche contro i nazisti autori delle stragi in Italia, ha aperto un'inchiesta, per il momento «contro ignoti», sugli eccidi che i militari italiani compirono nei territori di occupazione.
Ci troviamo davanti a un «secondo armadio della vergogna»? Antonino Intelisano, seduto nel suo studio di procuratore presso il tribunale militare, in viale delle Milizie a Roma, prima di rispondere ci mostra il carrello con alcuni faldoni che portano il segno degli anni. «Quella dell'armadio della vergogna numero due — taglia corto — è un'invenzione giornalistica che non corrisponde alla realtà delle cose». La verità tuttavia è che il procuratore generale ha acquisito materiale di grande interesse sia di carattere giudiziario, sia presso gli archivi che di solito sono frequentati soltanto dagli storici: ministero della Difesa, presidenza del Consiglio. In particolare, dagli archivi dello Stato maggiore dell'esercito sono arrivate le conclusioni della Commissione parlamentare presieduta da Luigi Gasparotto, politico d'altri tempi che aveva avuto il figlio Leopoldo ucciso nel campo di Fossoli e aveva lavorato con grande impegno ed equilibrio, soprattutto tra il 1946 e il 1947, alla raccolta e al vaglio delle circa ottocento denunce provenienti da tutti i territori occupati dagli italiani, e quindi alla selezione dei casi in cui non si poteva fare a meno di denunciare il reato. «La commissione — scriveva Gasparotto il 30 giugno 1951 nelle note conclusive inviate al ministro della Difesa, Randolfo Pacciardi — ha tenuto nel debito conto la complessità della situazione, ma non l'ha considerata scusante».
Così non poteva farla franca il generale Mario Roatta, comandante della II armata in Jugoslavia, che nella tremenda circolare 3c del 1° dicembre 1942 aveva disposto di fucilare non soltanto tutte le persone trovate con le armi in pugno, ma anche coloro che imbrattavano le sue ordinanze, oppure sostavano nei pressi di opere d'arte. E aveva deciso espressamente di considerare «corresponsabili degli atti di sabotaggio le persone abitanti nelle case vicine». Le conclusioni della Commissione Gasparotto, la cui documentazione nessuno storico ha potuto finora studiare per intero, chiamavano in causa anche il generale Mario Robotti, comandante dell'XI corpo d'armata, che era riuscito a inasprire gli ordini di Roatta al punto di dire la frase che è diventata proverbiale, «qui si ammazza troppo poco», o il governatore del Montenegro, Alessandro Pirzio Biroli, che fece fucilare circa 200 ostaggi. E tutta una serie di personaggi, ufficiali o funzionari dell'amministrazione civile, che operarono soprattutto in Jugoslavia e in Grecia. In seguito a questo tipo di informazioni, spiega Intelisano, «alla fine degli anni Quaranta fu aperto presso questo ufficio un procedimento nei confronti di 33 persone accusate di concorso in uso di mezzi di guerra vietati e concorso in rappresaglie ordinate fuori dai casi consentiti dalla legge.
Il procedimento si concluse il 30 luglio 1951 con una sentenza del giudice istruttore militare. Questi stabilì che non si doveva procedere nei confronti di tutti gli imputati, perché non esistevano le condizioni per rispettare il principio di reciprocità fissato dall'articolo 165 del Codice penale militare di guerra». Secondo tale norma, un militare che aveva commesso reati in territori occupati poteva essere processato a patto che si garantisse un eguale trattamento verso i responsabili di reati commessi in quella nazione ai danni di italiani. Vale a dire, per esempio: noi processiamo i nostri militari colpevoli, voi jugoslavi condannate i responsabili delle uccisioni nelle foibe. L'articolo 165, continua Intelisano, è stato riformato, con l'abolizione della clausola di reciprocità, nel 2002. «Così quando, grazie a libri come Si ammazza troppo poco di Gianni Oliva e Italiani senza onore di Costantino Di Sante, o a trasmissioni televisive e articoli che denunciavano la strage di 150 civili uccisi per rappresaglia da militari italiani il 16 febbraio 1943 a Domenikon, in Tessaglia, si è imposto all'attenzione il problema del comportamento delle nostre truppe, ho deciso di aprire un'inchiesta. Per il momento "contro ignoti" perché noi magistrati, a differenza degli storici, non possiamo processare i morti».
Nei faldoni che il procuratore sta studiando sono elencati decine di nomi, soprattutto militari che parteciparono alle rappresaglie contrarie alle leggi internazionali di guerra. Quegli elenchi, finora di interesse puramente storico, diventeranno incandescente materia penale, appena si individuerà uno dei responsabili ancora in vita. E allora avremo un nuovo caso Priebke. Ma con un italiano nelle vesti del carnefice. L'aggravante di tutta la faccenda, ci dice lo storico Costantino Di Sante, uno dei pochi che hanno potuto consultare, seppur parzialmente, i 70 fascicoli prodotti dalla Commissione Gasparotto, è che a macchiarsi di reati non furono soltanto le camicie nere o i vertici militari politicizzati. Ma ufficiali e soldati normali. Come gli alpini dei battaglioni Ivrea e Aosta, «che rastrellarono undici villaggi in Montenegro e fucilarono venti contadini». Il famigerato prefetto del Carnaro, Temistocle Testa, racconta Di Sante, per l'eccidio di Podhum, villaggio a pochi chilometri da Fiume, «si servì di reparti normali». Dopo aver circondato il villaggio e bloccato tutte le strade di accesso, è scritto negli atti della Commissione Gasparotto, che recepì una denuncia jugoslava, il 12 luglio 1942 reparti dell'esercito italiano, coadiuvati dai carabinieri e dalle camicie nere fucilarono oltre cento uomini, catturarono tutta la rimanente parte della popolazione, circa 200 famiglie, confiscarono beni mobili e circa 2000 capi di bestiame».
La situazione era esasperata da una guerriglia partigiana efficace e crudele e dalle violente faide interetniche. Ma come giustificare le modalità dei rastrellamenti di Lubiana ordinati dal generale Taddeo Orlando, che nel dopoguerra avrebbe proseguito normalmente la sua carriera? La capitale della Slovenia fu circondata il 23 febbraio 1942 con reticolati di filo spinato. Dei quarantamila abitanti maschi, ne furono arrestati 2858. Circa tremila vennero catturati in un secondo rastrellamento. La chiusura dei centri abitati con reticolati venne applicata in altre 35 località. Oltre ai maschi adulti venivano deportati anche vecchi, donne e bambini. La maggior parte finiva nel campo dell'isola di Arbe, oggi Rab, in Croazia, dove morirono in 1500, soprattutto di stenti. Ogni anno una maratona attraverso il perimetro del reticolato ricorda a Lubiana il periodo dell'occupazione militare italiana. ---(Dino M)

domenica 3 agosto 2008

Scatta il piano sicurezza,

I cittadini italiani che a breve vedranno schierati 3000 soldati nelle città del Paese, "avranno così contezza della presenza dello Stato" e "si sentiranno maggiormente sicuri". Lo afferma il ministro della Difesa Ignazio La Russa. "Faranno pattugliamento - aggiunge il ministro - e solleveranno le forze di Polizia dai compiti di presidio". A Roma, a vigilare sulle ambasciate e di pattuglia alle stazioni periferiche della metrò, scenderanno in campo Granatieri di Sardegna e Lancieri di Montebello - comprese 32 donne, tra cui un maresciallo comandante di plotone - mentre la Folgore presidierà un centro immigrati.
I bersaglieri garantiranno la sicurezza al San Pio, quartiere a rischio di Bari, mentre gli alpini della Taurinense vigileranno sul Tossik park di Torino. E poi artiglieri, fanti, marò del reggimento San Marco: l'esercito dei 3.000 militari mobilitato con il decreto sicurezza è pronto a schierarsi, da lunedì, in 21 province italiane. Per quanto riguarda le uniformi, infine, ci sarà una differenza tra i militari in pattuglia e quelli a presidio degli obiettivi sensibili: i primi avranno l'uniforme d'ordinanza estiva, composta da pantaloni e camicia a maniche corte, e saranno armati di pistola; gli altri avranno mimetica e fucile.
A Roma, in questa prima fase, saranno 400 i soldati impiegati: raggiungeranno quota 1.060 nelle prossime settimane. Controlleranno una decina di stazioni della metropolitana, ambasciate e - i parà - il centro di identificazione per immigrati a Ponte Galeria. In alcuni casi le forze armate controlleranno anche le aree di parcheggio esterne alle fermate, come ad Anagnina e a Ponte Mammolo, dove proprio ieri due giovani fidanzati sono stati aggrediti da una banda di romeni che ha tentato di rapinarli. Ai Granatieri di Sardegna il compito di coordinare l'intera operazione. Dei 424 militari assegnati a Milano, 150 - tutti del reggimento Artiglieria a cavallo - entreranno in servizio domani. Saranno impiegati inizialmente nel controllo di alcuni obiettivi sensibili (il Duomo e i consolati, a cominciare da quello degli Usa), mentre per i pattugliamenti misti sono state individuate le zone della Stazione Centrale, di via Padova e del quartiere Baggio. Da lunedì 11 agosto, presidi e pattugliamenti saranno allargati. A Napoli l'unico obiettivo sorvegliato dai soldati sarà il consolato americano, mentre le pattuglie (in tutto sono 150 uomini quelli in arrivo) si muoveranno in centro città - nella zona del porto ma anche della stazione e lungo i principali itinerari turistici - e nei comuni della cinta urbana. A Torino, i primi militari a scendere in campo saranno, domani, 100 alpini della brigata Taurinense: 70 sono destinati al Centro di identificazione e espulsione di Corso Brunelleschi, gli altri pattuglieranno insieme alle forze di polizia Parco Stura, più noto come Tossic Park. Nel giro di una settimana altri 60 soldati presidieranno altre zone critiche, tra cui San Salvario, Barriera Milano e piazza della Repubblica. BOLOGNA. A Bologna gli artiglieri del reggimento 'Ravennà saranno impiegati per la vigilanza del Centro di identificazione ed espulsione di Via Mattei. BARI, BRINDISI E FOGGIA. A Bari 90 bersaglieri del settimo reggimento pattuglieranno le zone turistiche e uno dei quartieri periferici a maggior rischio, il San Pio. Circa 200 marò del reggimento San Marco saranno impiegati a presidio dei Centri per immigrati di Bari, Brindisi e Foggia. VERONA. A Verona l'indicazione è quella di utilizzare i soldati per liberare le forze dell'ordine e i vigili urbani impegnati nei presidi fissi, come il tribunale e l'aeroporto. PADOVA. A Padova i 45 militari pattuglieranno le zone più a rischio, veri e propri centri di spaccio: via Anelli, via Manara e la stazione. PALERMO E CATANIA. A Palermo, sempre a partire da domani, 50 bersaglieri saranno impiegati in servizi di perlustrazione e pattuglia, mentre fanti del Reggimento "Aosta" di Messina saranno impiegati su disposizione del prefetto di Catania. Circa 130 soldati, poi, presidieranno diversi Centri per immigrati della Sicilia: a Lampedusa, Pian del Lago (Caltanissetta), Cassibile (Siracusa), Salina Grande e Serraino Vulpitta (Trapani). CALABRIA. I 130 militari saranno destinati alla vigilanza dei Centri per immigrati di Lamezia Terme (Catanzaro) ed Isola Capo Rizzuto (Crotone). GORIZIA. 90 militari del Reggimento "Genova Cavalleria" avranno compiti di vigilanza al Cpt di Gradisca d'Isonzo.

giovedì 31 luglio 2008

(Tn) resti di Kaiserschützen sotto la neve del Piz Giumela

Troverà sepoltura nel cimitero di San Rocco il piede ritrovato ieri mattina sul Piz Giumela. Ad accogliere il resto umano restituito dai ghiacci sarà la tomba centrale che accoglie uno dei tre Kaiserschützen cui, al momento del ritrovamento nel 2004, mancavano parecchie parti del corpo.
Un nuovo ritrovamento che, nell'anno che celebra i novant'anni dalla fine della Grande Guerra, riporta l'attenzione sui tragici fatti che nel settembre del 1918 videro Alpini e Kaiserschützen fronteggiarsi nella battaglia più alta della storia. Uno scarpone militare e al suo interno un piede. Nulla più. A procedere al recupero del reperto sono stati ieri mattina due responsabili del Museo della Guerra Bianca di Peio Paese: una volta giunti sul posto, nei pressi del luogo dove vennero ritrovati i corpi dei tre Kaiserschützen, hanno potuto rendersi conto che si trattava di una scarpa austriaca. Ancorato al ghiaccio vi era il piede, che tuttavia, dopo lo scavo della zona circostante, si è dimostrato non essere collegato ad altre parti del corpo. Così, dopo aver informato i carabinieri, il reperto è stato trasportato a valle e custodito nella cappella mortuaria del cimitero di Peio, in attesa dell'autorizzazione alla sepoltura. «Il piede è stato ritrovato sul Piz Giumela a quota 3.520 - spiega Maurizio Vicenzi, direttore del Museo di Peio - cinque metri più in alto rispetto a dove vennero scoperti i corpi dei tre Kaiserschützen. La scarpa e il piede, tagliato all'altezza della caviglia, si trovavano con ogni probabilità nel punto in cui esplose la granata che uccise i tre soldati sepolti a San Rocco».
I fatti sono quelli del 3 settembre 1918, la data della seconda battaglia per il San Matteo, che nella prima battaglia, il 13 agosto 1918, era stato conquistato dagli alpini. Il comando imperiale austroungarico decise di pianificare una controffensiva che scattò appunto il 3 settembre, quando la terza compagnia del battaglione d'assalto del primo reggimento Kaiserschützen passò all'attacco: un intenso bombardamento devastò le postazioni italiane, con la riconquista della cima da parte dei reparti imperiali. La segnalazione del nuovo ritrovamento era arrivata martedì pomeriggio intorno alle 15.30 da un escursionista di Edolo, Francesco Vaiarini, che si trovava a transitare sotto il Piz Giumela nell'escursione delle "Tredici cime". Dalla posizione della scarpa pareva che vi potessero essere anche altre parti di un corpo umano, ma così non è stato. Subito sono stati avvisati i carabinieri e il maresciallo della stazione di Peio Domenico Oliva, interpellando i responsabili del museo di Pejo, ha avuto la conferma che si trattava di una parte dei corpi già recuperati nel 2004

mercoledì 30 luglio 2008

(Ao) Guida Alpina muore sul bianco

Tragico incidente. sul massiccio del Monte Bianco, Roberto Giovanetto, guida alpina e membro del soccorso alpino piemontese, Roberto Giovanetto Era assieme ad un amico a circa quattro mila metri di quota, sul massiccio del Monte Bianco, quando uscendo dal bivacco Eccles è scivolato ed è caduto per 150 metri. Per Roberto Giovanetto, 50 anni di Ivrea, non c’è stato nulla da fare. L’uomo, guida alpina e membro del soccorso alpino piemontese, è morto sul colpo. L’incidente è avvenuto poco dopo le 16 di quest’oggi. A dare l’allarme altri alpinisti. Giovanetto era assiema a un amico, con loro vi erano anche sei alpinisti francesi, quando è uscito dal bivacco, forse per prendere della neve per fare dell’acqua o più semplicemente per vedere il tracciato che avrebbero intrapreso domani, quando, per cause ancora da chiarire è scivolato, precipitando fino al terminale, andando a sbattere tra le rocce. Nessuno ha assistito all’incidente, in quanto, il compagno era nel bivacco e anche gli altri alpinisti francesi. Sono usciti quando hanno sentito dei rumori e a quel punto si sono resi conto di quello che era accaduto. Immediato l’allarme al soccorso alpino valdostano, ma quando le guide sono arrivate sul posto non hanno potuto fare altro che constatare la morte di Roberto Giovanetto. La salma è poi stata ricomposta al cimitero di Courmayeur. Intanto, i militari delle fiamme gialle della tenenza di Entrèves stanno cercando di ricostruire la dinamica del tragico incidente. Roberto Giovanetto era guida alpina dal 1995, oltre a essere membro del soccorso alpino piemontese. Un grande amante della montagna, e in estate praticava soprattutto l’alpinismo classico, la sua grande passione era poi l’arrampica su roccia. Un uomo prudente, dal grosso rispetto per la montagna, qualità che ha sempre cercato di trasmettere a tutti quelli che lo circondavano e a chi accompagnava in montagna. ---(Cristina)

martedì 29 luglio 2008

(Cn) in memoria del partigiano Cosa

Una giornata di conferenze ed un cerimonia per ricordare i cento anni dalla nascita del partigiano e patriota Piero Cosa. Sabato a Chiusa Pesio, a partire dalle 9, nella sala incontri del Parco, si svolgerà una conferenza in cui interverranno Adolfo Mignemi, Presidente del Comitato Scientifico dell’Associazione ‘Resistenza sempre nel Rinnovamento’, gli studiosi di storia contemporanea Giuseppe Griseri e Giovanni Gentile ed il giornalista Mario Baudino. Al seminario seguirà, intorno alle 12, la cerimonia d’intitolazione a Piero Cosa di una piazza a S.Bartolomeo con l’intervento della banda musicale G.Vallauri. Nel pomeriggio, dalle 15 alle 18, riprenderanno i lavori della conferenza con le testimonianze i Pietro Cosa, Don Aldo Benevelli, Giovanni Raineri e Riccardo Mucciarelli.
Capitano di Complemento degli Alpini, Piero Cosa, insieme ad alcuni commilitoni ed alla sorella Ottavia, nel settembre del ’43, salì sulle montagne della Certosa dove pose le basi per quella che passerà alla storia come la Banda della Valle Pesio. Fin dai primi giorni di vita, la banda si distinse per azioni rischiose e mirate, tanto da attirare l’attenzione delle truppe alleate che più volte si rivolsero a Cosa ed i suoi per accordarsi su iniziative di disturbo nei confronti dei tedeschi, ma anche per distribuire viveri ed aiuti. Particolarmente duri per la banda capitanata da Cosa sono i giorni di aprile del ’44 quando i tedeschi tentano di stanarli con una massiccia offensiva. I partigiani riescono a resistere grazie al controllo di alcuni punti chiave per le comunicazioni come il passo del Duca e la strada di accesso al Pian delle Gorre ed alla Mirauda. Dispersasi momentaneamente dopo il rastrellamento, la banda dà poi vita alla I Divisione alpina, poi nominata III Divisione Alpi e trasformata infine, a partire dal febbraio del '45, nel Gruppo Divisioni R.

domenica 27 luglio 2008

Sabato tragico: raffica d'incidenti sulle Alpi

E' stato un sabato drammatico sull'Arco alpino. Due persone sono morte durante due diverse scalate sule Dolomiti del Brenta e sul Monte Chiadenis. Mentre il soccorso alpino è stato chiamato a numerosi interventi in seguito ai forti temporali che hanno sorpreso escursionisti e alpinisti sulle montagne del Bellunese. in Trentino. Protagonista Corrado Gregori, un alpinista di 41 anni, originario della Val di Sole e membro del soccorso alpino. Il suo corpo senza vita è stato trovato alle 16.30 da altri due alpinisti sulla Cima Brenta. L'uomo si trovava su un costone dello spigolo Nord a 2.600 metri di quota. L'ipotesi è che abbia perso l'appiglio e sia volato per centinaia di metri fin lì sotto. La salma è stata recuperata con l'elisoccorso . Simone Piller Hoffer - 21 anni di Sappada, anch'egli volontario del Soccorso alpino. Il giovane è precipitato per una ventina di metri dal Monte Chiadenis ed è morto sul colpo. Hoffer stava scalando insieme ad un compagno di cordata che ha dato l'allarme. Il corpo senza vita è stato recuperato dall'elicottero dell'Aiut Alpin Dolomites di Bolzano, il cui presidente era il compianto Karl Unterkircher. Situazione critica anche sulle montagne del Bellunese. Un fortissimo temporale, peraltro previsto, ha sorpreso numerosi alpinisti sulle Tre Cime di Lavaredo e non solo. Otto alpinisti sono stati recuperati a fatica dagli elicotteri del Soccorso alpino. Due sono rimasti con le corde incastrate sulla via Soldà, Pala delle Masenade sul gruppo della Moiazza. Mentre sulla ovest del Lagazuoi, un volo dalla parete ha fatto registrare un ferito e un illeso. Escursionisti infortunati e recuperati anche al rifugio Vandelli ( sopra Cortina) mentre sul Civetta, in due diversi punti della ferrata degli Alleghesi, due gruppi di escursionisti hanno richiesto l'intervento del 118. Mentre tre escursioniste si sono perse nei presi del rifugio San Marco, a Pieve di Cadore Altro incidente sulle Pale di San Martino di Castrozza, in Trentino. Due donne sono cadute durante una cordata. Sono state ricoverate all'ospedale Santa Chiara di Trento con traumi multipli. Una delle due versa in gravi condizioni. Per recuperarle, in una zona molto impervia, è stato necessario l'intervento di due elicotteri del Soccorso alpino.

venerdì 25 luglio 2008

(Vi) Accordo con Tn per il patrimonio della Grande Guerra

I monti del Pasubio hanno fatto da sfondo giovedì mattina alla firma di un Accordo di Programma tra la Provincia di Vicenza e la Provincia Autonoma di Trento per il recupero, il restauro e la valorizzazione di beni del patrimonio storico della Prima Guerra Mondiale.
Tra qualche anno, precisamente nel 2018, si celebrerà il 100esimo anniversario dalla fine della Grande Guerra. L'obiettivo è di arrivarci non solo con la piena realizzazione di quel Progetto Grande Guerra che già ha portato a sistemazione tanti manufatti dei monti non solo vicentini, ma di andare oltre, proseguendo un cammino che il progetto iniziale, pure approfondito, non ha completato, per tutto ciò che di nuovo è stato messo in luce proprio dai lavori eseguiti.
La firma dell'Accordo è stata occasione per fare il punto sulla situazione. Per capire cosa è stato fatto e cosa si può ancora fare, perché i luoghi dove si è combattuta la più tragica delle guerre che la storia italiana ricordi possano continuare, con tutto ciò che conservano, a testimoniare l'atrocità e l'assurdità della guerra, e ad essere monito per le generazioni future.
Non mancava nessuno giovedì sul Pasubio. C'era il Vicepresidente della Provincia di Vicenza, attorniato dai tanti consiglieri provinciali che hanno raggiunto la vetta a piedi. C'era la Vicepresidente della Provincia di Trento Margherita Cogo. C'erano i Sindaci dei Comuni vicentini e trentini teatro delle battaglie: Andrea Cechellero per Posina, Fausto Dalla Riva per Valli del Pasubio, Geremia Gios per Vallarsa, Stefano Bisoffi per Trambuleno, Danilo Gerola per Terragnolo, Renato Bisoffi per l'Unione dei Comuni. C'erano le Comunità Montane vicentine, prime fra tutte la Spettabile Reggenza dei 7 Comuni con il Presidente Giancarlo Bortoli e la Leogra Timonchio con il Presidente Pietro Collareda. C'era la Regione Veneto, con il consigliere Giuseppe Berlato Sella e il dirigente Angelo Tabaro a rappresentare la Giunta. C'era l'onorevole Flavio Rodeghiero, colui che per averla strenuamente sostenuta ha dato il nome alla legge che nel 2001 ha finanziato gli interventi per il Progetto Grande Guerra. C'erano le Soprintendenze ai Beni Ambientali delle due province, fondamentali partner per l'attuazione degli interventi.
C'erano tutti i tecnici che hanno lavorato alla progettazione per il recupero dei manufatti. C'erano i rappresentanti delle associazioni di alpini. Tanti alpini, che stanno mettendo il loro tempo e il loro impegno a disposizione del Progetto Grande Guerra. Perché tanti loro fratelli, tanti loro conoscenti, tanti commilitoni su questi monti hanno perso la vita per difendere la libertà. E non c'è modo migliore per onorarli che far sì che continuino a raccontare la loro storia e a trasmettere il loro messaggio di pace. Il fronte della Prima Guerra Mondiale nella zona del Pasubio, sia di parte italiana che austroungarica, comprendeva un sistema unitario di opere che si snoda ora parte in territorio trentino e parte in territorio veneto. In particolare, il Progetto Grande Guerra prevede interventi nei campi di battaglia del Cosmagnon e delle Sette Croci, nel sistema difensivo dei Denti e Cima Palon, nella Galleria Ellison e nell'imponente Strada delle 52 Gallerie.
La spesa complessiva ammonta a 378mila euro, di cui 208mila euro per interventi ricadenti nel territorio della Provincia di Vicenza e 170mila euro per interventi ricadenti nel territorio della Provincia di Trento.
"Ci troviamo nel più grande museo all'aperto della Grande Guerra. Qui ci sono segni concreti, manufatti, trincee, gallerie, ma ci sono anche ricordi intangibili, atmosfere, sensazioni forti che si provano a calpestare un terreno dove i nostri nonni hanno combattuto. Questo terreno va conservato, queste atmosfere vanno difese, intervenendo con il rispetto che è dovuto ai luoghi sacri, ma con necessari lavori di restauro."
"Oggi -ha precisato Margherita Cogo- si rafforza un'alleanza tra due Province che già in passato hanno collaborato. La finalità è importante e la sinergia è indispensabile, per arrivare al centenario con un patrimonio in grado di rappresentare un momento didattico di forte impatto soprattutto per le giovani generazioni."I lavori da fare sono molti, hanno sottolineato i Sindaci per voce di Geremia Gios, e devono essere eseguiti con costanza e pazienza, quelle stesse virtù che hanno reso forti le comunità montane e di cui gli alpini continuano ad essere emblema. Per questo sarà anche grazie al loro impegno che tante opere verranno realizzate. Anche se rimane fondamentale l'apporto economico che potrebbe arrivare da enti superiori. Ad esempio dalla Regione Veneto, dallo Stato con il rimpinguamento della Legge Rodeghiero, dalla Comunità Europea. Angelo Tabaro della Regione Veneto ha parlato di "patrimonio dell'umanità" in riferimento a ciò che la Grande Guerra ha lasciato sul Pasubio, di materiale e di immateriale. Un patrimonio che, anche in vista del centenario, va riscoperto. Della stessa opinione Flavio Rodeghiero: "mentre sostenevo strenuamente questa legge - ha commentato l'onorevole- sentivo che le comunità vicentine avevano bisogno di un segnale forte in grado non tanto di ricucire le ferite inferte ai nostri monti, ma almeno di lenire il dolore." Questo segnale è arrivato e con lui i primi corposi finanziamenti, ma ancora tanto si può fare.

(Va) STUDENTI INCONTRANO L’ULTIMO REDUCE DELLA 1^ GUERRA MONDIALE

Ieri, studenti degli Istituti di Istruzione Superiore del Piemonte, si sono recati a Castano Primo (Varese) per far visita al Cav. Delfino Borroni, unico Cavaliere di Vittorio Veneto ancora in vita. Nel corso dell’incontro, organizzato dal Comando Regione Militare Nord e dal Comando Militare Esercito Lombardia in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte, i giovani si sono intrattenuti con "il bersagliere", il quale ha ricordato i momenti indelebili che lo hanno visto protagonista della Grande Guerra. Al termine dell’incontro il Cav. Borroni ha siglato una copia del Calendesercito nella pagina che lo vede raffigurato. ---(Comando Regione Militare Nord)

giovedì 24 luglio 2008

(Mi) Insisto: servizio militare obbligatorio

servizio militare obbligatorio insisto sull'utilità del servizio militare obbligatorio. Premesso che chi scrive, milanese quasi 35enne, leva 98/99, 6° rgt Alpini, San Candido, ha un ricordo eccezionale di quell'anno passato in divisa. Mi ero appena laureato, e come tanti miei coetanei/concittadini, potevo scegliere la via più facile, il servizio civile, qualche bell'incarico, comodo, facile, presso qualche Sovraintendenza, ufficio Comunale, etc, pur di rimanere vicino a casa, tornare a casa ogni sera a mangiare con mamma e dormire nel proprio letto, stando vicino agli amici/fidanzata. E magari nel contempo cominciare a fare qualche colloquio lavorativo. Devo ringraziare invece la mia cocciutaggine nell'aver sempre pensato che un anno di naja sarebbe stato molto importante. Perché? 1) Per i pochi giovani che hanno ancora un concetto di patria, il servizio militare, in qualunque arma, può rappresentare un'opportunità per servire e ringraziare il proprio paese; e a rischio di essere deriso, non c'è risveglio migliore di presentarsi all'adunata e iniziare la giornata cantando l'Inno Italiano; 2) Impari a conoscere la disciplina, la gerarchia, l'umiltà (ne servirà poi parecchia nel mondo lavorativo); al giorno d'oggi questi sono i valori che maggiormente mancano nei giovani; 3) Ti allontani da casa e da tutti i collegamenti (amici, famiglia, scuola etc) che hanno caratterizzato e tutelato la prima parte di vita; e soprattutto impari a stare e a conoscere gente di tutti i tipi, estranei spesso al tuo consueto ambiente di frequentazioni. Io, 24enne neo laureato, milanese un po' "bauscia" con tante ambizioni, ho stretto importanti amicizie con panettieri, contadini, elettricisti, etc, ma soprattutto da loro ho appreso valori, spesso dimenticati in certi ambienti; 4) Non è un anno perso, anzi, se chiedete agli uffici delle risorse umane di tutte le aziende, verrete a sapere che viene tenuto in seria considerazione se una persona ha prestato il servizio militare, a maggior ragione oggi che è divenuto non obbligatorio; 5) Un anno di militare ti aiuta a gestire e superare difficoltà, problemi che sorgono naturalmente in un ambiente per definizione “ostile” molto diverso da quello in cui sé sempre stati abituati a vivere, capacità che divengono poi molto utili nel proseguio della propria vita. Non voglio sostenere che la naja rappresenti un rifugio dorato, quasi parasidiaco, anzi, voglio piuttosto affermare che mai come oggi sia comunque molto utile e formativa per queste nuove generazioni di giovani viziati, “molli”, annoiati e un po' fuori di testa. ---(Matteo C.)

mercoledì 23 luglio 2008

(Ao) Il Cristo delle Vette, torna sul Balmenhorn

Il ritorno della statua, recentemente restaurata, sul Balmenhorn, il 31 agosto, sarà anticipato da una serie di esposizioni ad Aosta, Gressoney-La-Trinité e Saint-Jean. In corso di verifica, l'inserimento del Cristo delle Vette nel guinness dei primat Il Cristo delle Vette, la statua realizzata dallo scultore torinese Alfredo Bai, tornerà a dominare il Monte Rosa sul Balmenhorn a 4.170 metri di quota il prossimo 31 agosto, dopo essere stata per quasi un anno sotto la cura della Sovrintendenza dei Beni culturali e della fonderia Verrès Spa che hanno riportato l’opera alla sua bellezza. Il viaggio di ritorno a casa della statua sarà però più lungo di quello che l’ha portata nella sede della Fonderia di Verrès nel 2007. Infatti, la Presidenza del Consiglio e l’Assessorato regionale alla Cultura in collaborazione con la Curia, per permettere anche a quanti, non hanno fiato e gambe per arrivare ai 4000 metri, di ammirare la statua, hanno organizzato alcune esposizioni ad Aosta, Gressoney –La-Trinité e Saint-Jean.
Nell’ottica di dare risalto alla statua stessa – ha precisato il Presidente del Consiglio, Alberto Cerise – abbiamo voluto fare uno sforzo per dare la possibilità a tutti di vedere quest’opera che è un richiamo forte ad una certa spiritualità”.
La prima tappa del viaggio in vetta sarà ad Aosta. La statua sosterà dal 4 al 10 agosto presso il Giardino del Seminario maggiore, con apertura al pubblico dalle 10 alle 18 e, solo il 9 agosto, in occasione della Veillà estiva, dalle 9 alle 24.Per celebrare l’evento, il 7 agosto presso il Teatro romano, con inizio alle 18 si terrà l’incontro “Il Cristo delle Vette, un simbolo di pace tra la gente” con animazione dell’attrice Paola Corti, la quale sarà sempre protagonista di “parole e musica dal vivo”, il 9 agosto presso il giardino del Seminario maggiore.
Dopo il capoluogo regionale, toccherà a Gressoney-La-Trinité, dal 13 al 17 agosto, salutare l’opera di Bai che sarà anche l’ospite d’onore alla Festa delle Guide, in programma il 15. Dal 20 al 25 agosto il Cristo delle Vette potrà essere ancora ammirato a Gressoney Saint-Jean, presso la piazza Obreplatz prima che un elicottero lo riporti sul Balmenhorn, dove, il 31 agosto, la statua potrà essere vista in tutta Italia con la diretta su Raiuno della celebrazione della santa messa e del concerto del coro di Sant’Orso.
Per il futuro – ha sottolineato l’Assessore alla Cultura Laurent Viérin – stiamo pensando ad una pubblicazione mentre è in corso di verifica l’inserimento del Cristo delle Vette nel guinness dei primati come la Statua posta più in alto nel mondo”
Alta 4 metri e del peso di sei quintali, per comporre la statua, fusa in bronzo in un forno costruito appositamente, richiese all'epoca un lavoro di quasi 5 mesi. A portare l'opera a quota 4170 metri furono gli alpini della Scuola militare alpina di Aosta, alcuni dei quali, ancora in vita, prenderanno parte alle prossime celebrazioni. Una fatica enorme iniziata a Gressoney il primo agosto 1955 e conclusa il 12 agosto, anche se l'inaugurazione ufficiale fu il 4 settembre successivo. ---(Silvia)

domenica 20 luglio 2008

CONDIZIONI DI NONES E KEHRER SONO BUONE

PAKISTAN: COMANDO GENERALE CARABINIERI, LE CONDIZIONI DI NONES E KEHRER SONO BUONE Roma, In relazione alla missione di soccorso a favore dell'App. Sc. Walter Nones, effettivo al Centro di Addestramento Alpino di Selva di Val Gardena (BZ), e dell'alpinista Simon Kehrer, impegnati nell'ascesa del ''Nanga Parbat'' (mt. 8.125), il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha contattato Agostino Da Polenza, fondatore e direttore del Comitato ''EVEREST K2-CNR'', apprendendo che nella mattinata di oggi i due scalatori sono riusciti ad effettuare brevi chiamate (di pochi secondi) al campo base e alle rispettive famiglie e pertanto sono riusciti a recuperare il telefono satellitare e i viveri lanciatigli nel pomeriggio di ieri. Le loro condizioni di salute sono buone e appare verosimile che Walter Nones e Simon Kehrer stiano continuando l'ascesa fino ad uno dei punti o di recupero o di discesa. Al momento non e' possibile stabilire un contatto visivo nella considerazione che la zona e circondata da nuvole. 20-LUG-08 12:09

sabato 5 luglio 2008

(Ve) Alpini per istruire su come si fa raccolta differenziata

Circa un migliaio di alpini veneti dell'Ana (Associazione nazionale alpini) saranno impegnati nei prossimi mesi in Campania. Il loro compito sara' quello di 'istruire' la popolazione su come si fa la raccolta differenziata. L'iniziativa dell'associazione e' la risposta alla richiesta del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Guido Bertolaso, di poter contare sullo spirito alpino per traghettare verso la normalita' i campani una volta cessata l'emergenza rifiuti.

martedì 1 luglio 2008

BERLUSCONI CI HA CHIESTO DI ANDARE A NAPOLI

''Siamo stati interpellati per andare il Campania a dare il nostro contributo al problema rifiuti.Ce l'ha chiesto il presidente del Consiglio e noi abbiamo risposto positivamente. Il presidente ci ha detto 'gli alpini non hanno mai detto di no alla Patria' e per servire la Patria noi andremo in Campania purche' sia rispettato il nostro ruolo di uomini-soldato. Siamo in attesa di indicazioni''. Lo ha annunciato il presidente dell'Associazione Nazionale alpini Corrado Perona nel corso della conferenza stampa di presentazione del progetto ''Con gli alpini sui sentieri della storia'', che si e' tenuta oggi alla libreria Mursia di Milano.

venerdì 27 giugno 2008

Riapre il rifugio Monzino in Val Veny

Riapre il rifugio Monzino in Val Veny. "Torna a vivere il 28 giugno – annuncia Arrigo Gallizio, presidente della Società delle guide di Courmayeur, proprietaria del rifugio – con la gestione della guida Armando Chanoine, e a fine mese ci sarà già un corso di aggiornamento del Soccorso Alpino Valdostano". Il rifugio è stato risistemato grazie a contributi regionali integrati da una donazione dell’imprenditore Giuliano Zucco, courmayeren di adozione. Con il progetto curato dall’architetto Yvette Clavel sono stati rifatti cucina e sala bar, dotati di frigo e freezer grazie a un nuovo generatore che il prossimo anno sarà integrato da pannelli fotovoltaici, sono stati ristrutturati i bagni e sono stati messi a norma gli impianti elettrico e idraulico. "Ci sono stati anche altri contributi di privati – precisa Gallizio – per esempio i novanta nuovi piumoni - letto sono stati donati da Manlio Zucchi, in segno di amicizia e riconoscenza verso le guide di Courmayeur". Anche le cantine del Monzino sono state risistemate per un’iniziativa quanto mai singolare, in collaborazione con le Cave du Vin Blanc de Morgex et de La Salle: vi sarà portato del vino spumante per effettuare in alta quota il “dégourgement”. Le bottiglie prodotte in serie limitata, le “grandes cuvées des guides”, avranno sull’etichetta l’immagine di una guida storica della Società di Courmayeur, quali Guido Rey, Joseph Petigax e così via. Accanto a queste novità, il rifugio tornerà ad essere base per corsi guide e del soccorso alpino e a settembre sarà sede del triangolare del soccorso alpino che raccoglie le esperienze delle squadre di Chamonix, Zermatt e Courmayeur. In tale occasione ci sarà l’inaugurazione ufficiale. Ma le novità non finiscono qui. All’inizio del sentiero, che è in corso di sistemazione da parte del Comune di Courmayeur, troverà posto un “geoparco”, con cartelli informativi sugli animali, sulla vegetazione e sui minerali della zona. Vicino al rifugio, in uno spazio pianeggiante verso il Brouillard, si sta invece completando il “giardino delle rocce” curato da Mario Ravello, geologo e guida alpina, e Cinzia Albertazzi, con il coordinamento di Edy Grange. Vi saranno raccolti vari campioni di minerali provenienti dal Peutérey e dal Brouillard, con spiegazioni sulla geologia del territorio. Poco più in alto verrà anche evidenziato e valorizzato il sito dove sorgeva la Capanna Gamba, il rifugio che è stato testimone di soccorsi storici come quello del 1961 dopo il tentativo al Pilone Centrale del Frêney delle cordate di Bonatti e Mazeaud. "Ci saranno fotografie per far capire come la capanna Gamba sia stata generatrice del rifugio Monzino – spiega ancora Gallizio – e anche per mostrare l’importanza della radice storica della Società Guide. Proprio in quest’ottica è in progetto, ma questa volta a Courmayeur, la creazione di un museo delle guide, un’esibizione permanente di oggetti, documenti e foto, per raccontare la storia di 150 anni di vita della Società, per far conoscere e valorizzare la sua storia". ---(Oriana)